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16 Ottobre 2020 - Ufficio Stampa
Cosa bisogna fare per coltivare speranze

Cosa si può tentare di consigliare a chi voglia coltivare speranze e liberarsi delle preoccupazioni per il proprio futuro

Che cosa si può tentare di consigliare a chi voglia coltivare speranze e liberarsi delle preoccupazioni per il proprio futuro?

Innanzitutto, studiare: dall’istruzione dipende l’avvenire di ciascuno.

Poi, non accontentarsi delle partizioni tradizionali: è nelle intersezioni, dove le discipline si incontrano, il futuro (basti pensare alle scienze della vita). Uno dei più pesanti lasciti della cultura dell’800, che ancora pesa su quella odierna, è la ricerca dell’autonomia e della purezza di ogni distinta disciplina, mentre occorre oggi abbracciare più aree, o almeno saperle far dialogare, perché la realtà è fatta di problemi, non di divisioni settoriali. Essere specialisti non vuol dire limitarsi a un’area, ma vuol dire esser capaci di stabilire ponti. 

Terzo: imparare a “veder le cose come sono, mentre le idee che ci vengono inculcate fin dall’infanzia ce le fanno veder per tutta la vita come non sono” . È in crisi – come è stato osservato da Massimo Adinolfi – non il concetto di verità dei fatti, ma la cornice interpretativa in cui i fatti sono inquadrati. Occorre quindi tener viva una solida infrastruttura intellettuale che consenta la più ampia circolazione delle idee.

Quarto: usare bene il proprio tempo, l’unico bene del quale si può esser avari (“temporis ….cuius unius honesta avaritia est” ), perché la perdita di un’ora è la perdita di una parte della vita.

Quinto: scegliersi un maestro; “maestro è chi ci indica un limite e chi sa risvegliare in noi una passione” . Meglio di un maestro, una scuola, cioè un insegnante collettivo. Se proprio non ci si riesce, almeno un buon osservatorio, perché dai fatti molto si può imparare. 

Sesto: partecipare attivamente alla vita della comunità in cui si vive, perché il futuro dipende anche da noi e la logica centrifuga porta all’isolamento, che è inefficace. 

Settimo: coniugare l’utopia con il senso concreto del percorso. 

Infine, come ha scritto Stendhal, “la vocazione è avere per mestiere la propria passione” , cioè bisogna avere una passione e farla diventare una vocazione.

 

di Sabino Cassese