Il primo virus proveniente dalla Cina che Cristian Fracassi ha visto in azione nella sua vita non è stato il coronavirus SARS Cov2, ma la delocalizzazione: quella smania di andare a far fare tutto in Cina che aveva contagiato un po’ tutti a cavallo del nuovo millennio, “perché costava meno”, e che aveva prima messo in crisi e poi chiuso le due piccole fabbriche di tessuti dei suoi genitori. E forse in quell’episodio di venti anni fa si può rintracciare il senso di questa fiaba, la storia di un giovane ingegnere che nel bresciano, quando il Covid-19 dilagava negli ospedali e i morti li portavano via con i camion, ha stampato nel suo laboratorio prima un centinaio di valvole respiratorie, visto che erano finite e chi doveva produrle non riusciva a soddisfare la domanda; e poi ha modificato una banalissima maschera da snorkeling, di quelle per andare a vedere i pesci nuotando sul pelo dell’acqua, per farne un dispositivo medico, una maschera respiratoria da collegare all’ossigeno, di fatto inventando uno strumento nuovo replicato con successo dai maker di tutto il mondo per salvare vite umane.
Lo hanno chiamato “l’angelo con la stampante 3D”, “il maker samaritano”, “l’eroe inventore”. Ma sono tutte definizioni retoriche che non raccontano davvero la formidabile storia di Cristian Fracassi. Eccola.
“Sono nato a Manerbio il 27 marzo 1983, una domenica… la ascolteremo a Smart Future Academy.
Data aggiornamento curriculum: 11/12/2020