La storia di Anna Kauber inizia a Parma, dove vive, il 3 febbraio 1959. Regista, scrittrice e paesaggista. Da anni documenta e divulga la vita e il lavoro nel mondo rurale, occupandosi in particolare di tematiche sociali e culturali delle comunità. Nel 2014 pubblica il libro Le vie dei campi, che ottiene il premio di letteratura rurale Parole di Terra. Interessata alla relazione fra uomo, terra e cibo, realizza alcuni docufilm come Ciclone Basmati (2012), girato fra Italia e India, sul tema cibo e immigrazione (vincitore del premio speciale Babel Sky TV all’International Migration Art Festival 2012) e la raccolta di video interviste Ritratti di donna e di terra (2015), che ricerca e documenta la specificità di genere in agricoltura e nella trasformazione dei prodotti della terra. Dal 2015 al 2017 intraprende un viaggio di ricerca con video interviste alle donne pastore in Italia, a partire dal quale è stato realizzato In questo mondo (2018).
“Forse nasco femminista, più di ogni altra cosa. Nella visione e nella sensibilità femminista, credo si manifesti più d’ogni altra cosa la mia identità “profonda”, quella che guida e indirizza le mie riflessioni e il modo di vivere nelle relazioni, nel lavoro, nelle analisi e nella progettualità creativa. Ho poi avuto la fortuna di “vibrare” istintivamente alle tante manifestazioni del bello, del vero e del giusto che, se sappiamo cercarle con apertura di mente, di cuore e dei sensi, si manifestano attorno a noi – piccole e grandi, o palesi – come opere dell’uomo o della natura. Ascoltare, rendendosi permeabili a tutte le suggestioni e le informazioni che ci possono nutrire; studiare, approfondendo con empatia e attenzione, e quindi creare, per trasferire la conoscenza acquisita e restituire quello che si ha ricevuto. Forse allora non è un caso che i miei interessi, i miei studi abbiamo avuto una sorta di “dilatazione” nello spazio (dagli ambienti domestici al paesaggio) e nei contesti umani (dal cliente privato alle comunità), in un percorso individuale che ha sempre attinto al patrimonio di esperienze intellettuali e sensoriali vissute e che oggi, sedimentate profondamente in me, continuano ad arricchire di contenuti, di bellezza e di complessità, di grazia e di problematicità, ogni pensiero o nuovo progetto” – così Anna si definisce durante l‘intervista di Natalia Maramotti.
Tutte le persone forgiano la loro esistenza attraverso esperienze e eventi che cambiano improvvisamente la propria vita, cambiano la rotta e rendono ciò che prima poteva sembrare il nostro porto sicuro, un porto un po’ più incerto. Come spiega Anna durante il prosieguo dell’intervista, deve ciò che è diventata ad alcune figure nella sua genealogia femminile:
“Ho riflettuto molto su questa domanda, indecisa se rendere pubblica la prima risposta che mi era venuta in mente. Ma lo faccio, nonostante non sia per niente semplice a causa del mio enorme coinvolgimento emotivo. Ho infatti pensato immediatamente a Paola, la sorella maggiore, e al breve percorso di vita che abbiamo potuto condividere, e all’esperienza dolorosa della sua lunga malattia e della morte che ci ha definitivamente separato. Paola era la sorella che aveva portato a casa “Noi e il nostro corpo”, i Beatles e Fabrizio De André, le innumerevoli attività di artigianato folle e creativo, la contestazione contro i genitori e tutto il sistema (che anni!), le istanze di emancipazione femminista, la rivendicazione della sessualità libera e della parità di genere… Il tutto, in un turbine di intelligenza e vivacità ricco di informazioni, idee vertiginose, contestazioni senza esclusione di colpi, insicurezze malcelate, alternanze sorprendenti di allegria e scoraggiamenti, progetti e avventure permesse o rubate. Nonostante conoscesse perfettamente il suo destino, Paola ha combattuto fino in fondo, con una dignità unica e con un coraggio che, con la maturità, ho imparato a riconoscere come veramente eccezionale. Assistere per dieci anni al progressivo spegnersi della sua vita ha condizionato il mio sviluppo, forgiando il mio carattere. La sua faticosa lotta per sopravvivere ha tracciato per sempre la strada, facendomi capire quale fosse la vera gerarchia dei bisogni e dei valori, e su quali riferimenti morali e priorità dovessi concentrare la mia ricerca.”